venerdì 17 luglio 2009

la storia della danza

Seguendo il consiglio di alcune mie colleghe e dopo essermi documentata un pò....vorrei proporvi la storia della danza...come si è evoluta negli anni...Dai facciamo un viaggio nel tempo...nel tempo della danza!!!!
La danza è definita, da Curt Sachs: la madre delle arti. Nelle più antiche civiltà essa rappresenta sempre un'esperienza determinante nella vita di gruppo sociale. L'uomo primitivo esprime danzando ogni fondamentale avvenimento comunitario: nascite, morti, matrimoni. La danza primitiva è danza guerriera, danza magica, danza sacra, danza della fertilità: è comunque un'attività che ha sempre carattere rituale, che nasce in quanto rappresentativa degli accadimenti della vita della tribù. Nella società arcaica è essenziale il suo valore di modo di espressione della religiosità, il suo esistere come forma di contatto con l'ignoto, con le leggi sovrumane che regolano i cicli naturali: è il linguaggio usato dall'uomo primitivo per esprimere l'irrazionale, il trascendente.Nella nostra civiltà occidentale, che si fonda su una cultura razionalista, astratta, matematizzante, volta al progresso scientifico e all'evoluzione della tecnica, l'artista ha la funzione di comunicare agli altri ciò che sfugge a quella strutturazione artificiale della realtà che l'uomo si è costruito per poter dominare l'ambiente che lo circonda.La danza teatrale occidentale, vale a dire la manifestazione spettacolare di quest'arte, concepita e strutturata per essere rappresentata di fronte a un pubblico, nella storia della cultura europea di quattro secoli si è per lo più identificata con la forma classica del balletto: un genere che ha assunto una fisionomia specifica sia dal punto di vista dei moduli di movimento adottati (la tecnica accademica del balletto) sia dal punto di vista strutturale (una certa concezione del disegno coreografico, del rapporto danza - scenografica) sia infine dal punto di vista delle tematiche affrontate (i contenuti favolistici, i temi d'evasione della realtà). È importante osservare che soltanto ai primi del Novecento esso è stato messo in discussione da quella corrente di rinnovamento della danza teatrale che va sotto il nome di "danza moderna". Tale corrente non equivale a un unico stile di danza: al contrario, si tratta di una tendenza comprensiva di numerose tecniche e stili differenti. Ma le diverse esperienze dei danzatori moderni possono essere inserite in una corrente unitaria, per via delle origini che le accomuna: vale a dire la medesima volontà di ricerca di moduli espressivi originali, al di là degli schemi statici e artificiosi imposti dalla lunga tradizione del balletto classico.Dal punto di vista formale, la tradizione culturale del balletto consiste in un codice di movimento definito e strutturato secondo regole prefissate: la tecnica della danza accademica è fatta di passi, figure e posizioni, codificati in un vocabolario fisso di modelli di movimento. La conferma tradizionale di tale tecnica consiste dunque in un linguaggio formale che preesiste al danzatore: non è l'artista à creare il proprio codice, bensì viceversa è il codice a formare l'artista.Questo punto è di importanza fondamentale per chiarire una delle differenze più decisive tra danza classica e danza moderna: mentre la prima si serve sempre di un linguaggio unico, la seconda viceversa consiste in una molteplicità di linguaggi diversi, in quanto ogni artista crea il suo codice per comunicare.Vi è dunque una tendenza continua a restituire al corpo la sua reale dimensione di libera creatività.A questo proposito tuttavia è necessaria una considerazione fondamentale: parlare di due parti distinte dell'io, corpo e spirito, equivale alla piena accettazione del secolare postulato cristiano che scinde l'individuo in anima e corpo, senza saperne vedere la continuità. La danza, nel suo significato più ampio e spontaneo, costituisce la negazione radicale di tale dualismo, che ha avuto la funzione determinante di condizionare gran parte del pensiero e della cultura occidentali.Basta dare uno sguardo alla storia della danza per comprendere quanto tale forma d'espressione abbia subìto l'influsso di una morale che per tanti secoli ha imposto il disprezzo e la frustrazione del fisico.A partire dalla caduta dell'Impero romano si assiste a un estremo impoverimento delle forme di danza: fin dal IV secolo, durante il periodo degli imperatori cristiani, ogni attività di teatro e di danza viene considerata immorale e si nega il battesimo a tutti coloro che vi assistono o vi partecipano. Nel 398, il Concilio di Cartagine, commina la scomunica per coloro che assistono a spettacoli teatrali nei giorni festivi. Sant'Agostino definisce la danza "follia lasciva, roba del diavolo".Nel quadro dell'evoluzione estetica che segna il passaggio dallo spirito medievale alla cultura umanistica del Trecento, la danza d'evasione comincia a rifiorire nelle "canzoni a ballo" duecentesche, che si eseguono nelle corti italiane e francesi; tale rinascita costituisce uno degli aspetti delle nuove tendenze culturali. Nel XVI secolo la danza inizia a trasformarsi in balletto, ossia in manifestazione autonoma strutturata secondo canoni estetici ben precisi, regolata da schemi coreografici e destinata alla rappresentazione di fronte a un pubblico. Questa forma di spettacolo, che prende l'avvio in Italia, si definisce secondo regole tendenti alla ricerca. di una differenziazione sempre più accentuata nei confronti di tutte le forme di danza istintiva e indiscriminata.Mentre dunque il patrimonio della danza popolare resterà pressoché immutato attraverso i secoli (nella sostanza naturalmente e non nella forma, che da un lato inevitabilmente subisce gli influssi della civilizzazione, e dall'altro risente almeno in parte della sistematicità imposta alla danza dalle esigenze culturali delle classi dominanti), la danza ufficiale, è ormai considerata degna di avere la sua storia e la sua teoria.I balletti del Cinquecento e del Seicento hanno una doppia funzione: da una parte sono strumento d'evasione per i principi dell'epoca, passatempi vuoti, frivoli divertimenti cortigiani che trovano la loro espressione in mascherate carnevalesche o insipide allegorie satiriche; dall'altra il loro scopo fondamentale viene a essere la servile adulazione del principe, l'encomio fine a se stesso.Nel 1661 Luigi XIV fonda l'Académie Royale de Danse; è questo il periodo d'oro delle accademie, che vede nascere anche l'Académie Francaise per la lingua e l'Académie Francaise de Peinture per la pittura. Tale fenomeno, nella danza così come negli altri campi, avrebbe finito per separare in modo sempre più accentuato la componente tecnica, invece di costituire solo un mezzo per arrivare a un diverso risultato, sarebbe divenuta fine a se stessa.Nasce un nuovo senso del movimento che bandisce dalla danza ogni forma di rozzezza. Non si affida più nulla all'impulso e all'improvvisazione: ciò che conta è la perfezione stilistica in base a un codice teorico prestabilito. È nato così il balletto classico.Da questo momento la forma più illustre di danza teatrale occidentale inizia a costruire la sua storia: una storia in cui la danza resta prevalentemente un fenomeno estetico che tende a ignorare le manifestazioni sostanziali della vita in senso concreto, configurandosi come un'arte di evasione dalla realtà del presente riservata a un'élite culturale.

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